L’arteriopatia obliterante cronica (AOCP) degli arti inferiori è una patologia caratterizzata dal progressivo restringimento delle arterie, che può progredire fino alla loro completa ostruzione. I distretti maggiormente interessati sono: il distretto aorto-iliaco e femoro-popliteo. Ne è colpito circa il 20% della popolazione generale dai 65 ai 74 anni ed è più frequentemente colpito il sesso maschile.

Fra le cause più frequenti l’aterosclerosi occupa il primo posto, seguita dal diabete e dall’insufficienza renale. Anche le malattie infiammatorie, specie quelle del tessuto connettivo, hanno un ruolo determinante nella comparsa di una AOCP. 
L’arteriopatia può manifestarsi in modi differenti. Negli stadi iniziali la malattia può essere asintomatica o limitata alla sola deambulazione, causando durante la marcia dolori crampiformi (claudicatio intermittens), a sede diversa a seconda del tratto arterioso interessato. Successivamente, se la malattia progredisce, i dolori compaiono a riposo (specie la notte) fino alla comparsa di lesioni trofiche (che vanno dalle piccole lesioni digitali fino a quadri di gangrena), quindi può progredire fino a comportare la perdita di funzionalità dell’arto/i interessato/i dalla malattia.

L’AOCP è causata dall’aterosclerosi dei vasi arteriosi degli arti inferiori, che determinano un diminuito apporto di sangue ai tessuti.

Una claudicatio intermittens di media o moderata entità può portare nel tempo ad una amputazione dell’arto interessato solo nel 5-10% dei casi, mentre nel 50% dei casi i pazienti restano stazionari e fino al 30% possono addirittura migliorare la loro sintomatologia seguendo un’opportuna terapia medica, abolendo totalmente il fumo ed effettuando regolarmente esercizi fisici idonei insegnati da personale esperto (fisiatra e fisioterapista). La presenza invece di uno stadio più avanzato della malattia che include il dolore a riposo o la presenza di lesioni di tipo ischemico può portare ad una amputazione d’arto precoce anche nel 20% dei casi. 

L’evoluzione della malattia con il supporto della terapia medica e comportamentale del paziente può essere arrestata agli stadi precoci, addirittura la sintomatologia dolorosa durante la deambulazione può migliorare non solo con l’ausilio dei suddetti presidi, ma anche e soprattutto con l’intensa e quotidiana deambulazione. Prima di sottoporsi ad un trattamento chirurgico, il paziente deve essere aiutato dal proprio Medico di fiducia per provvedere al rallentamento della progressione della malattia aterosclerotica, che è la maggior responsabile delle malattie obliteranti delle arterie periferiche. Il paziente dovrà inoltre tenere sotto controllo tutte le altre malattie che possono influenzare il decorso dell’aterosclerosi stessa. Da qui deriva la necessità inderogabile di sospendere totalmente l’abitudine del fumo, di tenere sotto controllo la pressione arteriosa, il diabete mellito, l’aumento del colesterolo, dei trigliceridi e del peso corporeo. Anche la presenza di insufficienza cardiaca e/o renale può accelerare il processo di formazione dell’aterosclerosi. 

La diagnosi oltre che clinica (Claudicatio intermittens, dolore a riposo, lesione cutanee) è anche strumentale. I principali esami che vengono effettuati sono:

  1. Eco-colordoppler dell’aorta e degli arti inferiori;
  2. AngioTC dell’aorta ed arti inferiori;
  3. AngioRM (in casi d’intolleranza al contrasto o IRC);
  4. Angiografia che presso il Nostro Reparto viene eseguita contestualmente durante l’eventuale trattamento angioplastico (PTA).

Le strategie terapeutiche che si possono effettuare variano a seconda della clinica del paziente (sintomatologia, età, stato e funzionalità di tutti gli organi ed apparati, con particolare attenzione a quelli renale, cardiaco, cerebrale e respiratorio) e del distretto/i arterioso/i ammalati. I pazienti candidati all’intervento chirurgico di rivascolarizzazione degli arti inferiori sono tutti quelli che presentano dolore a riposo e/o la presenza di lesioni ischemiche e tutti quei pazienti per cui la claudicatio non consente più un tipo di vita accettabile con le esigenze attuali.
Gli interventi di rivascolarizzazione possono essere essenzialmente di tipo chirurgico tradizionale, oppure tramite procedura endovascolare. La scelta del tipo di intervento chirurgico da adottare spetta unicamente al chirurgo che dopo aver valutato le condizioni del paziente e dopo aver studiato gli esami diagnostici (ecocolordoppler, angio TC e /o angiografia) propone al paziente l’intervento più idoneo. 

  • Trattamento chirurgico tradizionale: può essere svolto in anestesia generale o in anestesia loco-regionale, ovverosia addormentando solo la metà inferiore del corpo introducendo dell’anestetico nel catetere posto nella colonna lombo-sacrale. Consiste, attraverso l’incisione chirurgica della cute in regioni anatomiche diverse a seconda della localizzazione dell’arteriopatia, nel ripulire il tratto di arteria malato (tromboendoarterectomia) o di sostituire o by-passare tratti di arteria malati con vene autologhe, protesi sintetiche o biologiche
L’intervento chirurgico standard prevede il confezionamento di un bypass in vena o in materiale protesico
  • Trattamento endovascolare: viene di norma svolto in anestesia locale, tramite la puntura o l’isolamento chirurgico dell’arteria femorale e l’introduzione di guide e cateteri nel sistema arterioso. Si procederà quindi all’esecuzione di un’angiografia con l’iniezione di mezzo di contrasto per visualizzare i vasi e le eventuali stenosi e/o ostruzioni. Se le lesioni sono considerate passibili di correzione endovascolare si procederà a dilatare i segmenti arteriosi interessati con una procedura denominata angioplastica (PTA), in cui si gonfia un palloncino nell’arteria per dilatare il vaso ristretto. Alle volte può poi essere necessario inserire uno stent (una retina metallica) per evitare che il vaso si restringa nuovamente subito dopo l’angioplastica.
Nel trattamento endovascolare, le arterie vengono dilatate con un palloncino. Se necessario, viene posizionato anche uno stent metallico.

In seguito all’intervento è necessario assumere una terapia farmacologica, che consenta al bypass effettuato o all’arteria ricanalizzata di restare aperta il più a lungo possibile, così come tenere sotto controllo tutti quei fattori di rischio che hanno contribuito in maniera inesorabile all’instaurarsi della malattia aterosclerotica. Anche uno stile di vita che contempli un’attività fisica quotidiana e regolare può incidere sull’evoluzione della malattia. 
Il paziente deve inoltre sottoporsi a dei controlli ciclici presso il Centro dove è stato operato, per conoscere l’evoluzione della sua malattia aterosclerotica e il funzionamento dell’eventuale intervento di rivascolarizzazione eseguito, tenuto conto che ogni tipo di intervento chirurgico (tradizionale e/o endovascolare) è gravato con lo scorrere del tempo da un certo numero di occlusione dei bypass eseguiti o di percentuale di re-occlusione delle arterie ricanalizzate per progressione della malattia stessa o per il deterioramento del materiale usato per effettuare il bypass. 

Patologia ostruttiva aorti-iliaca – La nostra esperienza

Donna di 71 anni che giunge alla nostra osservazione lamentando claudicatio invalidante per le attività svolte nella vita quotidiana con comparsa da circa 2 mesi di intenso dolore all’arto inferiore destro dopo 50 metri di camminata e iniziali dolori a riposo durante la notte. La signora riferisce di essere ex fumatrice, diabetica, ipertesa con pregresso infarto del miocardio. Il quadro angiografico mostra una grave stenosi dell’arteria iliaca comune destra con presenza di importanti circoli collaterali. Per dilatare l’arteria e ripristinare la vascolarizzazione dell’arto inferiore destra si opta per il posizionamento contemporaneo di uno stent in arteria iliaca comune sinistra ed uno in iliaca comune destra in una configurazione chiamata kissing stenting, che impedisce l’occlusione di entrambi gli assi iliaci. Dopo il posizionamento degli stent l’angiografia di controllo mostra un ottimo recupero del profilo delle arterie iliache con il ripristino di un ottimo circolo in entrambi gli arti inferiori. Il giorno dopo l’intervento la paziente riferisce la scomparsa del dolore e al controllo ambulatoriale dopo 1 anno dall’intervento conferma di aver ripreso a compiere le attività quotidiane senza alcun dolore agli arti inferiori.

Studio angiografico prima dell’intervento con stenosi multiple dell’asse iliaco destro

Studio angiografico al termine dell’intervento con pervietà dell’asse iliaco destro